La MiFID II (Markets in Financial Instruments Directive II) è la normativa europea entrata in vigore il 3 gennaio 2018, sostitutiva della precedente MiFID, con l’obiettivo di rafforzare la trasparenza e la tutela degli investitori nei mercati finanziari. Ha introdotto requisiti più stringenti per gli intermediari (banche, SIM, consulenti finanziari, broker) su temi come informativa, governance dei prodotti, adeguatezza delle raccomandazioni e politiche di remunerazione. Comprendere le linee guida della MiFID II è essenziale per ogni investitore, poiché incide direttamente sull’esperienza d’investimento, sul rapporto con gli intermediari e sulla protezione dei propri interessi.
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Contesto e finalità principali
La spinta a varare la MiFID II è giunta in parte dalla crisi finanziaria del 2008, che aveva fatto emergere carenze in termini di trasparenza e gestione dei conflitti di interesse da parte degli intermediari. L’Unione Europea ha voluto quindi rafforzare le norme esistenti, estendendole ad aree in precedenza poco regolate (come la negoziazione di strumenti “OTC”, Over The Counter) e introducendo nuovi obblighi. Tra le finalità principali rientrano:- Migliorare la trasparenza dei costi e delle commissioni applicate ai vari prodotti finanziari.
- Rafforzare la protezione degli investitori, con un’attenzione particolare alla clientela retail (investitori non professionali).
- Ridurre i conflitti di interesse all’interno delle reti di distribuzione dei prodotti.
- Rendere più efficiente e armonizzato il mercato dei servizi di investimento in Europa, favorendo concorrenza e innovazione.
Classificazione degli investitori
MiFID II distingue tre categorie di investitori: retail, professional e controparti qualificate. La maggior parte dei risparmiatori individuali rientra tra i clienti retail, la cui tutela è massima. Gli intermediari devono fornire informazioni dettagliate, effettuare test di adeguatezza e appropriatezza, e assicurare che i prodotti consigliati siano coerenti con il profilo di rischio e con gli obiettivi d’investimento del cliente.
Il passaggio dalla categoria retail a quella professional è possibile soltanto se l’investitore dimostra di possedere determinate competenze, esperienze e disponibilità patrimoniali, conformi ai requisiti previsti dalle normative. Gli investitori professionali sono considerati in grado di comprendere i rischi dei prodotti più complessi, e pertanto ricevono un livello di protezione inferiore rispetto ai clienti retail.
Product governance e adeguatezza
Una delle novità più rilevanti della MiFID II è l’introduzione di requisiti più stringenti in tema di product governance. Gli emittenti e i distributori di strumenti finanziari devono identificare fin dall’inizio il “mercato di riferimento” (target market) per ogni prodotto, definendo a quali tipologie di investitori esso si adatta e a quali, invece, non dovrebbe essere proposto. In tal modo, si evita la distribuzione indiscriminata di prodotti finanziari complessi a chi non ne comprende i rischi.
In parallelo, gli intermediari sono tenuti a effettuare un’analisi di adeguatezza nel momento in cui forniscono consigli personalizzati. Ciò implica la raccolta di informazioni sul profilo del cliente (esperienza, conoscenze finanziarie, obiettivi d’investimento, situazione reddituale e patrimoniale) al fine di proporre prodotti adeguati e in linea con il profilo di rischio. Se l’investimento proposto risulta inappropriato, l’intermediario deve informare il cliente dei rischi di un’eventuale operazione.
Trasparenza delle commissioni
Uno degli aspetti più importanti per l’investitore è la trasparenza sui costi e sulle commissioni. La MiFID II impone agli intermediari di rendere chiaramente comprensibili le spese che gravano sul cliente: costi di sottoscrizione, commissioni di gestione e performance, oneri di consulenza o di intermediazione. L’obiettivo è consentire a chi investe di valutare con precisione l’effetto dei costi sul rendimento netto dell’investimento, potendo così fare paragoni più oggettivi tra prodotti e servizi simili.
Inoltre, gli intermediari che ricevono incentivi monetari (ad esempio retrocessioni dalle società di gestione) devono informare in modo trasparente il cliente sulla natura e sull’entità di tali incentivi. Questo consente all’investitore di comprendere se la raccomandazione ricevuta potrebbe essere influenzata da interessi terzi, e di valutare con maggiore consapevolezza il servizio offerto.
Best execution e reportistica
La MiFID II rafforza anche i requisiti relativi alla best execution, imponendo agli intermediari di prendere tutte le misure possibili per eseguire gli ordini alle migliori condizioni in termini di prezzo, rapidità, probabilità di esecuzione e regolamento. La banca o il broker devono comunicare esplicitamente la propria strategia di esecuzione degli ordini, indicando i mercati o le sedi di negoziazione preferenziali. Inoltre, la normativa prevede un aumento della frequenza e del dettaglio della reportistica destinata ai clienti. Sono richiesti rendiconti periodici più completi, che evidenzino l’andamento del portafoglio, i costi sostenuti, la composizione degli strumenti in possesso e l’eventuale scostamento rispetto all’asset allocation concordata. Questa maggiore trasparenza consente all’investitore di monitorare costantemente i risultati e la coerenza delle operazioni effettuate.
Impatto sui consulenti indipendenti
La MiFID II incide fortemente anche sulla consulenza finanziaria indipendente, introducendo regole più severe per distinguere consulenti che operano in regime di parcella (fee-only) – senza percepire retrocessioni – da quelli che possono ricevere incentivi dalle case di gestione. I consulenti cosiddetti “indipendenti” non devono ricevere alcun incentivo monetario o non monetario da soggetti terzi, e devono proporre una gamma sufficiently broad di prodotti in modo imparziale.
Questo aspetto è cruciale per gli investitori che desiderano una consulenza libera da conflitti di interesse, basata su un compensation model trasparente. Se un intermediario o un consulente dichiara di essere “non indipendente”, significa che può ricevere incentivi, ma è tenuto a dichiararli con precisione e a dimostrare che ciò non influisce negativamente sull’investitore.